Università, Scienze e Tecnologia restano ancora campi maschili, i dati

L’avanzamento tecnologico e la necessità di un’economia sempre più orientata verso la sostenibilità e la digitalizzazione impongono una riflessione critica sulla formazione attuale, soprattutto per quanto riguarda l’inclusione femminile nel settore delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM).

Nonostante l’importanza cruciale di queste discipline per affrontare le sfide globali contemporanee, l’Italia assiste a un’incoraggiante ma lenta crescita della partecipazione femminile in questi campi di studio. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Stem, promosso dalla Fondazione Deloitte e dal Programma di politiche pubbliche di Deloitte, solamente il 37% degli studenti STEM in Italia sono donne, un dato che persiste senza variazioni significative nell’ultima decade.

Questa disparità di genere nell’istruzione STEM non solo riflette barriere socioculturali profondamente radicate, ma anche la persistenza di stereotipi di genere e una mancanza di orientamento adeguato e di figure femminili di riferimento nel settore.

Tale divario si manifesta nonostante le ragazze rappresentino la maggioranza degli studenti universitari nel Paese, con una percentuale che raggiunge il 56% nell’anno accademico 2021-22. Nonostante ciò, l’impegno femminile nelle lauree STEM rimane sottodimensionato rispetto al potenziale e alle capacità dimostrate, con un impatto diretto anche sul tasso di occupazione post-studio, che risulta inferiore a quello maschile nonostante traguardi accademici spesso più elevati.

Nel contesto europeo, sebbene l’Italia mostri un leggero vantaggio con una percentuale del 37% di donne in ambito STEM contro una media del 31% tra altri nove Paesi analizzati, è evidente la necessità di implementare strategie efficaci per superare questi ostacoli.

Tra le misure da considerare vi sono l’intensificazione degli sforzi nel promuovere un’educazione senza pregiudizi di genere fin dai primi anni di vita, migliorare l’orientamento nelle scelte formative e accrescere la visibilità di donne leader nel campo STEM come modelli ispiratori.

L’incremento dell’iscrizione femminile nei corsi di laurea STEM è fondamentale non solo per colmare il gender gap, ma anche per garantire che l’Italia disponga delle competenze necessarie a navigare le trasformazioni del XXI secolo, ottimizzando così le risorse umane in vista di uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

La distribuzione di genere nei diversi ambiti delle discipline STEM rivela disparità significative che meritano attenzione. Sebbene le donne rappresentino una quota predominante nei settori scientifici generali, con una percentuale del 58%, e in Architettura e Ingegneria civile, dove raggiungono il 46%, la loro presenza si riduce drasticamente in campi come l’Ingegneria industriale e dell’Informazione (23%) e ancor più nell’Informatica e nelle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), dove costituiscono solo il 15% del totale.

Questi dati, che emergono da un’analisi dettagliata, sottolineano una marcata segregazione di genere all’interno del panorama educativo STEM.

Nonostante queste differenze quantitative, le studentesse STEM dimostrano eccellenza accademica, ottenendo votazioni superiori e mostrando una maggiore regolarità nel percorso di studi rispetto ai colleghi maschi.

Il successo accademico femminile si estende attraverso tutti i cluster STEM, evidenziando come, anche nei settori dove sono meno rappresentate come l’ICT, le donne superino in performance i loro omologhi maschili. Tale superiorità si riflette nei voti di laurea, dove le donne raggiungono una media di 104,2 su 110, contro il 102,3 degli uomini, e nella capacità di concludere gli studi nei tempi previsti, con una percentuale del 58% rispetto al 53% degli uomini.

Nonostante queste prestazioni accademiche di rilievo, le donne incontrano maggiori ostacoli nell’ingresso nel mondo del lavoro post-laurea. A cinque anni dal conseguimento del titolo di studio, il tasso di occupazione femminile si attesta al 91%, inferiore al 94% registrato per gli uomini.

Questa discrepanza sottolinea come le barriere di genere e socioeconomiche continuino a limitare l’accesso delle donne a opportunità equitative nel mercato del lavoro STEM, nonostante le loro capacità e i loro successi formativi.

Le implicazioni di queste disparità vanno oltre la semplice questione di giustizia sociale. Assicurare alle donne pari opportunità di formazione e inserimento professionale in settori chiave come le STEM avrebbe effetti positivi molteplici, tra cui la riduzione del divario retributivo di genere e il rafforzamento della sicurezza economica femminile.

Inoltre, promuovere una forza lavoro diversificata in termini di genere nei campi STEM potrebbe arricchire il panorama professionale con una varietà di talenti e prospettive, contribuendo al progresso sociale e alla crescita economica complessiva del Paese.

Come sottolineato da Fabio Pompei, CEO di Deloitte Central-Mediterranean, la persistenza di queste barriere rappresenta una mancata opportunità non solo per le donne ma per l’intera società, evidenziando l’urgenza di intervenire per eliminare tali ostacoli.